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dare un volto alle parole

Intervista ad Alice Beniero

Creare l’immaginario di un testo è un compito affascinante che richiede passione, rigore e una visione ampia del mondo visivo. Ne parla l’art director di Isbn, che unisce alla professionalità di progettista grafica quella di illustratrice.

di Oddina Pittatore

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Alice Beniero è giovane, entusiasta e poliedrica. Progetta libri e collane (nel 2011 ha vinto l’European Design Award per le copertine di Isbn grazie all’idea innovativa di trattare la copertina come parte integrante del libro), illustra e utilizza il disegno in tutte le sue applicazioni e insegna al Centro di formazione professionale Bauer, a Milano.

Alice Beniero Nella redazione di Isbn dove la intervisto, parla con passione del mondo che ruota intorno all’immagine e del percorso creativo necessario per attribuire identità visiva a un testo e metterlo in comunicazione con i suoi lettori.


Alice, illustratrice e progettista grafica, chi sei e da dove vieni?

Ho una formazione come grafica poiché ho studiato Design della comunicazione al Politecnico di Milano. Il percorso universitario, di per sé insufficiente a sviluppare la professione, mi ha però insegnato un metodo e fornito gli strumenti. Poi, per un anno e mezzo ho lavorato a Pisa alla Sterpaia, l’agenzia creativa che fu di Oliviero Toscani e ora diretta da Lola e Rocco Toscani a Milano.

È stata un’esperienza bellissima perché ho conosciuto persone molto in gamba, con cui sono ancora in contatto, ma ho capito che non m’interessava quel mondo. Da sempre sono appassionata di illustrazione e letteratura, di libri, e volevo dare un volto grafico a questi contenuti. Durante questa esperienza ho avuto la possibilità di iniziare una collaborazione con Isbn, che in seguito si è trasformata in un lavoro a tempo pieno.

Alla formazione come grafica si affianca la passione per il disegno. È questa la spinta propulsiva per il tuo lavoro?

La voglia di raccontare attraverso il disegno è un’esigenza primaria rispetto a tutto il resto. Mi appassionano il disegno e le sue applicazioni in tutti i campi: l’illustrazione, l’animazione, il fumetto e la grafica. In Italia c’è la volontà di separare questi settori, che invece sono perfettamente compatibili e più stimolanti se i generi sono combinati tra loro.

Di base, sono un’autodidatta che ha sempre continuato a disegnare per trasformare questa passione in un mestiere. Per confrontarmi con gli altri disegnatori e per creare una rete di contatti, ho regolarmente seguito dei corsi estivi di illustrazione; questa formazione trasversale mi è stata molto utile per sviluppare un linguaggio visivo autonomo e personale.

Nel tuo lavoro è particolarmente evidente come illustrazione e grafica possano essere due arti complementari. Qual è il rapporto tra questi linguaggi nel dare un volto alle parole scritte e un’immagine fisica alla lettura?

L’illustrazione è un punto di vista che esprime un concetto attraverso una visione personale, mentre la grafica applicata a un libro ha una funzione di supporto, deve essere chiara e funzionale, mai invasiva rispetto all’illustrazione.

Il progettista che lavora con il materiale visivo deve sfruttare al meglio questi due linguaggi per cogliere il messaggio dell’autore e trasmetterlo ai lettori cui è rivolto.

Qual è il tuo metodo di lavoro? Che cosa fai quando ti trovi tra le mani un nuovo testo da trasformare in libro?

Quando penso un libro prima di tutto studio la collana di appartenenza, con le sue regole visive, di produzione e quindi di fattibilità. Dopo aver letto il libro, o averne parlato con la redazione (non è sempre possibile leggere un testo completo per rispettare una consegna), cerchiamo di capire il punto chiave, il messaggio forte che può essere sviluppato nell’immaginario visivo che vogliamo comunicare al lettore.

La copertina, l’illustrazione e la grafica sono scelte di conseguenza e si adeguano all’identità di collana. Grafica e illustrazione sono complementari, l’impatto visivo è determinato da entrambi i linguaggi: si sceglie l’illustrazione che è il messaggio visivo che esprime meglio il libro e si affida al lavoro di progettazione grafica il compito di legare i contenuti.

Progettare un libro digitale è diverso da progettare un libro fisico?

Sì e no. Di base, vale lo stesso concetto progettuale del cartaceo e per il momento, in Isbn, le due edizioni sono uguali. Sarebbe bello riuscire a esplorare le nuove potenzialità per creare valori aggiunti rispetto al libro stampato, studiare un modo per creare un’immagine dedicata, permettendo a ogni lettore di sviluppare un rapporto di interazione che non si limita all’acquisto e alla fruizione del testo.

Dal punto di vista visivo e tecnologico, c’è un grandissimo potenziale, che forse è in anticipo rispetto alla nostra cultura. Non abbiamo ancora la forma mentale per un’esplorazione a tutto tondo, per progettare un nuovo formato che non aggiunga solo contenuti, ma vada oltre, offra una forma di lettura completamente diversa.

Qual è l’apporto più stimolante che le nuove tecnologie possono offrire all’illustrazione?

Sono interessanti progetti diversi, come le app, che l’illustratore sviluppa insieme ai programmatori che sono di supporto al libro. In questo caso c’è una valida distinzione tra i supporti: il libro resta quell’oggetto che sfoglio e leggo, mentre l’app viene utilizzata per dare vita a un personaggio carismatico o a un concetto particolarmente brillante.

Per esempio, Hervè Tullet, che illustra i suoi libri con bollini di colori primari dalle forme molto semplici e molto creative, ha sviluppato una serie di app per cui i bambini impazziscono perché sono un gioco intelligente e divertente. Queste app, che riprendono i concetti del libro sviluppandoli, riescono a dare un valore aggiunto che fa venir voglia di avere sia l’uno che l’altra.

L’illustrazione deve tradurre in immagini o interpretare? Comunicare fedelmente o aggiungere significati?

L’illustrazione in alcuni ambienti è trattata come un’arte e l’illustratore come un artista. Può essere un’arte, ma non si deve mai dimenticare che l’illustratore lavora per un oggetto spendibile su un mercato e che ha dei lettori ai quali trasmettere un messaggio chiaro.

In Spagna, per esempio, si tratta l’illustrazione con lo stesso approccio che ci potrebbe essere nel campo della progettazione grafica: è un oggetto, ha un fine, ha delle regole e va sviluppato in un certo modo.

Cosa fa l’illustrazione per il libro?

Fa il libro. Non è mai un supporto, testo e immagine si parlano attraverso linguaggi differenti. L’immagine non dovrebbe mai riprodurre esattamente quello che dice il testo. La cosa bella di un libro illustrato è che si crea una sovrapposizione culturale tra il linguaggio visivo e la parola scritta. L’illustrazione interpreta in modo diverso, si sovrappone all’immaginario del testo e fornisce altri strumenti per la comprensione del libro.

Qual è la situazione in Italia?

Partendo dal fatto che l’illustratore ha il ruolo di creare l’immaginario di un libro e tralasciando la produzione prettamente commerciale, trovo molto interessanti quegli editori di piccole dimensioni che si impegnano per mantenere un livello qualitativamente alto, cercando di penetrare una fetta di mercato ampia, senza accontentarsi di una nicchia.

La ricerca e la sperimentazione in Italia sono a un buon livello ma il mercato è ancora ristretto, e per questo molti illustratori sviluppano dei contatti con l’estero.

Quando si parla di libri illustrati, si pensa subito all’editoria per bambini e ragazzi, un settore che appare in controtendenza positiva.

La peculiarità di questo momento storico è proprio la crescita dell’editoria per l’infanzia. Si tratta di libri che richiedono una qualità molto alta per l’attenzione verso i piccoli lettori e perché si rivolgono anche agli adulti, che ne sono i compratori, e spesso, i lettori o i collezionisti.

Tra i fiori all’occhiello dell’editoria italiana ci sono piccole case editrici che mettono al primo posto la qualità dell’immagine, come Corraini, Orecchio Acerbo, Topi Pittori, Donzelli.

Ultimamente ho apprezzato il lavoro che sta facendo Elireaders, una casa editrice molto giovane e coraggiosa, orientata alla ricerca di illustratori con un linguaggio visivo sperimentale e fuori dalle tendenze del momento, che raggiunge risultati interessanti dal punto di vista culturale e di progettazione dell’oggetto libro.

Quanto è difficile oggi per un illustratore vivere del suo lavoro? Come può promuovere il suo lavoro per farsi conoscere?

Realizzare libri per bambini è il sogno di molti illustratori, ma difficilmente ci si potrà accontentare di una sola specializzazione. Per rendersi indipendenti è importante sviluppare altri progetti, curare i contatti, fare diverse esperienze, come l’insegnamento o workshop per bambini. Oltre a lavorare come art director e a disegnare le copertine dei libri di Isbn, io insegno alla Bauer, un’esperienza che mi permette di fare ricerca e di confrontarmi con il background dei miei allievi.

Un altro canale possono essere le autoproduzioni, progetti che nascono da un illustratore o da un collettivo e che aiutano a farsi conoscere, a mantenere contatti con gli editori, ma anche a sviluppare una propria identità. Gli illustratori che lavorano con autoproduzioni hanno una distribuzione completamente differente. Tendenzialmente questi collettivi si specializzano in un mestiere artigianale.

È Bologna, che accoglie la Fiera internazionale del libro per ragazzi e un festival internazionale di fumetto, la culla di queste realtà e di questi progetti collettivi.
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