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gialli classici (prima puntata)

Intervista a Marco Polillo

Giallista, editore e scrittore, ha fondato nel 1995 la casa editrice Polillo, che si è affermata con la collana I Bassotti, specializzata nel mystery anglosassone dell’epoca d’oro. Un successo che ha sorpreso anche il suo appassionato editore. Marco Polillo è presidente dell’Associazione italiana editori.

di Oddina Pittatore

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È stata una scelta coraggiosa portare, una decina di anni fa, in libreria una collana di gialli classici inglesi della prima metà del Novecento, un genere da amatori.

È stato premiato il rischio o la passione?


Io credo che sia stata premiata la passione, in fondo un editore rischia sempre. Anzi, quella che nei presupposti si presentava come la collana più sicura ha rischiato di più, mentre va meglio la collana, quasi per amatori, I Bassotti, nata per divertimento grazie al mio desiderio di ripescare titoli che avevo letto da giovane e all’epoca mi avevano molto intrigato.

Marco Polillo Quanto ha contato la cura editoriale del prodotto: la veste tipografica elegante, l’attenzione alla traduzione e la selezione delle opere?

In effetti, credo che la cura editoriale abbia contato moltissimo. La veste tipografica abbastanza sofisticata, che è piaciuta universalmente, ha dato una spinta decisiva, facendo capire ai lettori che questo è un genere di qualità, e non di seconda linea, e ha permesso al giallo di affermarsi anche in libreria dove non aveva mai ottenuto una vera e propria cittadinanza.

L’attenzione alla traduzione è fondamentale. Il fatto di essere costretti a tradurre ex novo perché proponevamo molte opere inedite in italiano, o ri-tradurre per presentare la versione integrale dei testi (spesso tagliati in precedenti versioni, nei gialli Mondadori in edicola o in altre collane) e per rispettare la qualità della scrittura, ha fatto sì che le accurate traduzioni diventassero un punto d’onore de I Bassotti, molto gradito dal pubblico.

Un altro dei segreti del successo della collana è che gli autori sono tutti personaggi letterari di spessore, dato che negli anni d’oro del genere (tra gli anni Venti e i Quaranta) il giallo era un prodotto coltivato da personalità letterarie, professori universitari, poeti, letterati, studiosi.

Abbiamo avuto un grosso vantaggio: quando la collana è iniziata, era l’unica vera collana di gialli classici da libreria; c’erano case editrici che avevano in catalogo alcuni autori, ma nessun editore pubblicava, né pubblica, questo genere in modo cosi capillare. Questa situazione mi ha permesso di avere il campo abbastanza libero nella scelta degli autori, pur con alcuni limiti. Infatti, mentre alcuni editori (come Mondadori per esempio) e alcuni agenti si sono prestati, anche molto volentieri, a concedermi la possibilità di pubblicare qualche titolo di uno scrittore che è sotto contratto per l’intero suo catalogo, altri invece mi hanno detto di no, impedendomi di inserire nella collana opere importanti.

Trama ingegnosa concentrata sul piacere di scoprire il colpevole e risolvere l’enigma, ambientazione dal fascino retrò, onestà verso il lettore nella presentazione degli indizi, nessuna scena hard o efferata: perché i lettori amano ancora oggi il giallo a enigma?

Secondo me perché il giallo a enigma non esiste più, nel senso che gli autori contemporanei (a parte il sottoscritto) preferiscono scrivere gialli di altro genere, più cupi, più truci.

Il giallo a enigma classico è un poliziesco molto intelligente e inventivo. Per esempio, in Assassinio nel labirinto di J. J. Connington due gemelli vengono uccisi, nello stesso momento, nei due diversi centri di un labirinto a siepi di una villa di campagna: chi oggi penserebbe di inventare una trama con due gemelli, due delitti in contemporanea in due luoghi differenti, ma simili, in un labirinto?

Assassinio nel labirinto La ripetitività del solito serial killer di moda oggi, o del medico pazzo che ammazza tutti i pazienti, dopo un po’ annoia, anche perché è la stessa trama dei telefilm televisivi, da CSI in poi.

I vecchi mystery anglosassoni, nella loro ingenuità e candore, presentano assassini che sono gente normale, che puoi incontrare per strada senza sospettarla, la vecchia signora, il giovane perbene, uno stimato professore universitario. Nel giallo classico, poi, i tecnicismi legati alla scoperta del delitto non hanno ancora preso il sopravvento; niente Dna, ma molta intelligenza per scoprire gli indizi, permettendo al lettore di trovarsi sullo stesso piano dell’autore e del detective.

Le antologie, come per esempio Delitti di Natale ed Enigmi & Misteri, hanno appassionato i lettori ottenendo un notevole successo di vendita, dato inusuale in Italia per le selezioni di racconti.

Avete in programma altre raccolte a tema?


Dato l’apprezzamento dei lettori, ormai è diventata una piacevole tradizione e ogni Natale facciamo uscire un’antologia a tema. La prossima sarà sui delitti nelle ville di campagna.

È curioso il fatto che, in un Paese in cui i racconti non sono amati, queste antologie gialle a tema vendono mediamente di più dei romanzi pubblicati nella stessa collana.

La collana I Bassotti, ormai un cult, sta per arrivare alla pubblicazione del fatidico titolo n. 100. Che sorpresa c’è in arrivo?

Per il numero 100 abbiamo preparato un cofanetto con due volumi. Un delitto inedito in Italia, ben congegnato, da “camera chiusa”, commesso la sera della prima di una rappresentazione teatrale; anche l’autore del libro è misterioso, l’unico di cui non siamo riusciti a scoprire assolutamente nulla, a parte il nome che è quasi sicuramente uno pseudonimo. Il cofanetto è corredato da un altro libro, con le biografie di tutti gli autori dei primi 100 Bassotti; per gli amanti dei gialli è una chicca di grandissimo interesse.

Perché nessun autore francese?

Perché il giallo del Golden Age è un giallo inglese e americano, i francesi arrivano dopo. In genere, sono già autori più moderni mentre I Bassotti attingono all’età d’oro classica che arriva fino agli anni Quaranta.

I francesi scrivono cose molto interessanti (conto di inserirli nella collana gemella I Mastini avviata da poco), ma sono autori degli anni Sessanta - Settanta e manca qual profumo che c’era prima della guerra, quella maggiore ingenuità, minor cinismo, di un mondo diverso in cui era differente anche il modo di pensare. I francesi non sono riconoscibili come i veri padri del mystery d’epoca, c’è molto fascino, ma si perde un po’ l’enigma, e quindi ne I Bassotti non hanno avuto cittadinanza.

Recentemente a fianco de I Bassotti sono nati I Mastini, altri generi di polizieschi, dall’hardboiled d’azione nato negli Stati Uniti negli anni Venti, al thriller al poliziesco procedurale.

il passato si sconta sempre Che risposta stanno ottenendo i primi sei titoli in catalogo?


Per ora una risposta meno buona de I Bassotti, ahimè. Io insisto, andiamo avanti fino al 2012, poi vedremo cosa succede. Il Mastino ha un paio di difetti rispetto a I Bassotti: è un genere che non è mai passato di moda (come invece era successo per il giallo dell’epoca d’oro), per cui si trovano autori contemporanei pubblicati regolarmente in libreria che scrivono trame di quel genere, dall’hardboiled al giallo procedurale ecc.; poi, essendo più recenti, molti dei grandi nomi (come Raymond Chandler o Dashiell Hammett per esempio) sono tuttora in commercio. Devo trovare autori che non sono presenti sul mercato, come stranamente era successo per Ross Macdonald (Il passato si sconta sempre, 2011, Polillo) che infatti è andato molto bene.

In terzo luogo, mentre il giallo a enigma copre un settore estremamente preciso, l’area dei Mastini è più allargata perché c’è il poliziesco, c’è l’hardboiled alla Philip Marlowe, ci sono l’avventura e l’equivalente del giallo contemporaneo: un’apertura del raggio d’azione molto ampia. Ne I Mastini si possono trovare tanti generi e quindi il pubblico è sì più largo, ma più dispersivo. È una collana ancora in fase di assestamento.

Per l’editoria di nicchia l’accesso alla grande distribuzione può essere più arduo. Qual è il rapporto con le catene?

Qual è la sua esperienza?


Per l’editoria di nicchia l’accesso alla grande distribuzione in Italia non è arduo, è impossibile. La grande distribuzione sceglie solo i bestseller o effettua operazioni di sconto ingentissime, libri che vengono venduti in offerta speciale con sconti che arrivano anche al 60-70 per cento del prezzo di copertina. A loro scusante, c’è da dire che lo spazio all’interno della grande distribuzione per il prodotto libro è molto contenuto, di conseguenza diventa difficile proporre un assortimento vasto. Nella grande distribuzione, nell’autogrill per esempio, si acquista d’impulso attratti dal bestseller, mentre i libri che facciamo noi sono testi che hanno bisogno di essere cercati, sfogliati, scoperti.

Diverso il discorso con le catene, che sono, in effetti, librerie gestite in maniera diversa, che spesso non sono personalizzate dal singolo libraio, ma seguono la politica generale della casa madre. Ma qui i prodotti di nicchia trovano a volte grandi spazi. Per esempio, nelle librerie Feltrinelli I Bassotti vendono benissimo.

La piccola editoria di qualità ha un rapporto particolare con le piccole librerie?

La piccola editoria di qualità ha un rapporto particolare con le librerie indipendenti, grandi o piccole che siano, per la loro capacità di offrire al consumatore una scelta ampia e selezionata, che non si limita alle firme note e ai bestseller. È indubbio che vi sia una sinergia tra le librerie indipendenti (che seguono il mercato con un’attenzione molto più particolare rispetto alle grandi catene o ai buyer della grande distribuzione che non necessariamente sono specializzati nei libri) e la piccola editoria che funziona, quella che offre il meglio, un prodotto di nicchia ma di qualità. È vero che, a parità di livello, il grande editore vende infinitamente di più, ma, personalmente sono convinto che spesso il piccolo editore offre una cura superiore nella confezione del suo prodotto.

Purtroppo, le librerie indipendenti stanno vivendo un momento di particolare difficoltà, come d’altronde quest’anno tutto il mercato del libro.

Il pontile sul lago Una curiosità: Marco Polillo, che come lettore predilige la detective story alla crime story, si è appassionato ad altri generi di thriller contemporanei, come la trilogia Stieg Larsson per esempio?

In alcuni casi sì. Per esempio, Il collezionista d’ossa (Jeffery Deaver, 2002, Rizzoli) era un libro stupendo; io, che sono un lettore di narrativa di genere, non sono un amante dei libri alla Stieg Larsson.

Pensandoci bene il primo volume della trilogia presentava una curiosa situazione, di là degli aspetti efferati: la storia di per sé ricordava molto un mystery classico, con tutti gli indizi, disseminati nel corso delle pagine, costruiti in modo simile al meccanismo del giallo a enigma, uniti però a una violenza e a una ricercatezza di morbosità che a me personalmente piacciono poco. Io pubblico I Bassotti perché prediligo quel genere.

Marco Polillo scrittore di gialli a che genere appartiene?

Io appartengo a un genere misto che ha certamente il classico come modello. Il meccanismo è quello tradizionale all’inglese della storia apparentemente impossibile calata, però, nella realtà contemporanea (come nel Pontile sul lago, 2011, Rizzoli, il mio terzo giallo).

Il modello di partenza è stato La donna della domenica di Fruttero & Lucentini (2001, Mondadori); mi piace l’idea di mettere un certo numero di personaggi all’interno dei miei libri perché così ho più spazio per “ingannare” il lettore e perché, anche se magari si fa un po’ più di fatica nell’entrare nella storia, trovo che sia più aderente alla realtà. Se uno nella vita di tutti i giorni s’imbatte in un delitto, non si trova certo in compagnia di solo tre o quattro persone, c’è tutto un mondo coinvolto, e perché in un romanzo non dovremmo tenerne conto?
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