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pianeta remainders

Intervista a Davide Guaitamacchi

Davide Guaitamacchi è proprietario e gestore della libreria remainders Fiera del Libro a Milano. Abbiamo chiesto la sua opinione sugli effetti della crisi e sull'evoluzione del mercato.

di Rosalba Rattalino


Corso XXII Marzo a Milano, a un passo dalla centrale Porta Vittoria: per i residenti della zona, la Fiera del Libro è una presenza storica inossidabile ai turn over della molteplicità di negozi che popolano la via.

Davide Guaitamacchi È una realtà indipendente gestita direttamente dai proprietari e ha due punti vendita che si susseguono a distanza di un paio di isolati.

Immediatamente visibile la libreria dedicata ai prezzi scontati: cartelli “tutto al 50%”, interno completamente a vista, look di una semplicità spartana, lunghi banconi affollati di libri. È aperta con orario continuato sette giorni su sette. Entrando resti colpito dalla vastità di volumi Adelphi, e poi man mano scopri un’offerta decisamente varia per generi e editori: tutta inequivocabilmente di ottimo livello qualitativo (assai più di quanto possa aspettarsi un neo cliente che varchi la soglia attratto solo dall’offerta economica).

Piccolo e raccolto l’altro punto vendita della stessa insegna: la libreria ‘tradizionale’ che offre ai clienti un assortimento di titoli di recente pubblicazione, e un servizio di ordinazione dei libri.

Che cosa ne pensa delle evoluzioni del mercato chi opera attraverso questo duplice canale? Quali effetti ha avuto la crisi economica sulla libreria remainders?

Queste ed altre domande abbiamo posto a Davide Guaitamacchi, che appartiene alla famiglia proprietaria e si occupa in specifico del punto vendita a prezzi scontati.


Da quanto tempo esiste la Fiera del Libro? In origine era già articolata in tradizionale e remainders?

Esiste dal 1963. La mia famiglia discende dalla storia dei vecchi librai pontremolesi, mio nonno faceva il bancarellaio, mio padre ha partecipato alla fondazione del Premio Bancarella. Nel 1963 mio padre ha aperto la prima libreria che è quella all’angolo con via Cellini (Davide non l’ha mai definita ‘tradizionale’, termine che utilizziamo qui per comodità).

Nel ’92 abbiamo aperto questa seconda libreria, io lo seguo dalle origini (quando è stata fondata la prima, ero appena nato). Nasce come remainders, poi abbiamo avuto l’esclusiva da Adelphi sui volumi che possiamo vendere al 50% del prezzo di copertina: prendiamo soprattutto le loro rese editoriali, che provengono in gran parte dalla grande distribuzione.

A partire da questo punto abbiamo via via allargato i settori: arte, manualistica, libri per i bambini, guide turistiche. A seconda delle stagioni facciamo delle rotazioni, quello che vedi esposto in questo momento è solo una parte di quello che ho in magazzino.

Ormai è una delle poche librerie a Milano di questo tipo, siamo rimasti in due o tre. A Roma ne è rimasta una sola, un’altra che era storica e centralissima ha dovuto chiudere perché i costi dell’affitto erano diventati insostenibili: si sono trasferiti in una zona meno centrale e meno costosa ma non ha funzionato, cambiare posizione e allontanarsi dal centro è un rischio enorme.


Pensavo che la crisi economica avesse avvantaggiato le librerie tipo remainders, mentre da quanto dici non è così. Come mai?

Per quanto riguarda la mia libreria, abbiamo registrato un calo a seguito della crisi: mediamente intorno al 10%. Del resto per quanto ne so le catene sono sotto del 15% e anche la grande distribuzione ha avuto un calo. Il libro non è un genere di prima necessità… le persone continuano a comprarlo ma diradano un po’, clienti abituali che venivano da me due volte al mese adesso vengono magari una volta al mese.

Fiera del Libro E poi la crisi ha fatto sì che anche sulle novità e sulle edizioni a prezzo intero sono state messe in atto campagne scontistiche tutto l’anno. Il che ha portato i remainders ad avere minore impatto sul pubblico, prima invece c’era un distacco netto fra le novità e i libri al 50%.

Ma oltre alle ripercussioni sui remainders, queste campagne di sconti selvaggi hanno svilito il valore del libro, lo hanno svalutato: la gente quando vede il libro a prezzo intero pensa va be’ non lo prendo ora, lo prendo fra un mese quando lo mettono in offerta. E le vendite infatti raggiungono un picco quando c’è l’offerta, appena l’offerta finisce calano.

Contrariamente alle nostre aspettative, in questo momento di crisi gli editori hanno meno materiale da dare al secondo mercato (remainders). Vuoi perché fanno loro le campagne di sconto, vuoi perché forse preferiscono tenere più scorte in magazzino, penso ci siano anche aspetti fiscali. Sta di fatto che si trova meno rispetto agli anni passati e anche questo ci penalizza un po’.

E c’è il problema delle vendite su internet: prima della legge sul prezzo del libro, hanno creato una giungla. Anche le vendite in edicola, benché adesso siano calate.

Io nella mia libreria ho risentito di tutto: campagne sconti, internet, grande distribuzione, vendite in edicola.

È un problema che non riguarda solo i remainders, tutto il mondo delle librerie indipendenti è in difficoltà, tante librerie hanno dovuto chiudere.

La legge che mette il tetto del 15% di sconto è arrivata troppo tardi, prima hanno fatto scappare i buoi e poi hanno chiuso le stalle. E comunque non sono ottimista: in Italia trovata la legge, trovato l’inganno.


Voi però vendete con lo sconto del 50%… come si concilia il metà prezzo con il discorso sulla scontistica che svaluta il valore del libro?

Noi abbiamo solo titoli superiori ai 18 mesi di uscita, non abbiamo le novità. Per me il discorso del canale a metà prezzo non è svalutare il libro, è far sì che il pubblico avvicini anche libri che magari non avrebbe nemmeno preso in considerazione.

E permette di dare risalto anche a piccole realtà editoriali, piccole case editrici. Permette di dare una panoramica maggiore. La grossa libreria non ha né il tempo né lo spazio per rendere visibili i piccoli editori (o addirittura per tenerli).


Che tipo di pubblico frequenta la vostra libreria remainders?

Molti studenti universitari, direi che sono la tipologia più corposa: vengono soprattutto per comprare libri di filosofia classici e contemporanei, e libri di storia. Anche narrativa ma solo di autori un po’ ricercati, di un certo livello.

Fiera del Libro E poi una parte cospicua della clientela è costituita da casalinghe. In generale direi che i nostri clienti sono più donne che uomini: un 60% donne e un 40% uomini.

Abbiamo anche degli affezionati bibliofili, quelli però sono casi singoli: persone alle quali non interessa che il libro sia perfetto, anzi vanno a vedere nello scaffale dei libri rovinati se c’è qualcosa di loro interesse perché lì c’è il 75% di sconto.

Più o meno la clientela è fissa. Sono sia residenti della zona (una nicchia di residenti) sia persone che arrivano da altre zone di Milano, e anche da fuori Milano: io ho clienti a Brescia, in Veneto, perfino a Trieste.

Ci scoprono soprattutto attraverso il passaparola, basato sul fatto che offriamo un buon rapporto qualità-prezzo e dei prodotti validi.


Ci sono state evoluzioni nel pubblico dei remainders?

Quando abbiamo aperto agli inizi degli anni ’90, potevi mettere sugli scaffali anche prodotti di qualità bassa e li vendevi.

Adesso no: la situazione è cambiata tantissimo, adesso devi dare cose belle a prezzi scontati. Il pubblico si è molto affinato, fa scelte mirate, cerca libri belli a prezzi bassi. E spesso ti chiede un consiglio, quindi devi essere preparato.

Noi abbiamo un rapporto fiduciario da anni con alcuni editori, e vogliamo tenere editori qualitativamente alti (almeno fino a quando ci sarà possibile…).


Tu hai esperienza diretta anche delle librerie cosiddette ‘tradizionali’: mi riferisco all’altro punto vendita Fiera del Libro. Che segnali ti arrivano da quel versante?

L’altra è una libreria di quartiere che offre un servizio centrato soprattutto sulle novità. Riesce a sopravvivere perché è di proprietà. Oggi le librerie indipendenti che vanno discretamente sono quelle che hanno poche spese di personale, e possibilmente muri propri.

Considera che al pubblico devi offrire minimo il 10% di sconto per fidelizzarlo. I margini diventano veramente esigui. Infatti stanno tutte chiudendo. Mio cugino aveva L’emporio del Libro, una libreria in via Dante, una in corso Buenos Aires… ha dovuto chiudere tutto. Il Libraccio è riuscito a prendere una grossa fetta di pubblico anche perché è entrato in società con un grosso distributore che è Messaggerie.

Nelle grandi città è tutto molto dispersivo e frammentato, e questo non giova alle librerie indipendenti. Al tempo stesso nella grande città il libro è diventato troppo generalizzato, lo trovi ovunque anche all’Esselunga, ci sono i megastore, le catene: si è un po’ persa l’identità primaria della libreria. Nelle cittadine di provincia la libreria conserva ancora un valore più elevato. Prendi ad esempio Mantova: ha potuto fare quello che ha fatto (il festival della letteratura) perché è una piccola bomboniera e tutto si convoglia in un perimetro limitato centrale.

Un’opportunità per le piccole librerie è il servizio Fastbook: il cliente ti fa l’ordine e in ventiquattr'ore hai il libro in negozio. La nostra libreria (tradizionale) offre questo servizio. Secondo me tutte le piccole librerie devono darlo.


Che prospettiva vedi per le librerie indipendenti?

Bisognerà specializzarsi sempre di più, diventare come negozi di modellismo.

Fiera del Libro E diventare anche luoghi di ritrovo: io ho parecchi clienti che sono diventati amici fra loro e con noi, parliamo di libri, cinema, musica. Ma questo lo riesci a fare se sei tu titolare che interloquisci con il pubblico.


Luoghi di ritrovo significa anche abbinare libri e cibo?

Non penso, è una cosa che non ha mai attaccato, l’ho visto su alcuni amici librai che ci hanno provato.

Funzionano meglio le presentazioni di libri in negozio. Io ho provato a farne qualcuna nella libreria remainders e devo dire che ne è valsa la pena, la gente quando è lì poi compra anche altro.


Motivi di ottimismo pensando al futuro?

La mia passione per questo settore e per questo lavoro.

E la soddisfazione che mi danno i clienti: mi fanno sentire che ho lavorato bene in questi anni.


Motivi di pessimismo?

Non è tanto questione di pessimismo, più che altro si tratta di essere realisti.

I problemi per le librerie indipendenti sono quelli che sappiamo.

A breve poi ci sarà l’avvento dell’e-book: fra 15-20 anni i ragazzi che adesso sono adolescenti e stanno tutto il giorno sul computer, una volta cresciuti troveranno naturale utilizzare l’e-book e questo eroderà molto il mercato delle librerie tradizionali.

In Europa ora l’e-book è solo al 2%, diversamente da quanto avviene in America. Però è questione di tempo, sicuramente fra un po’ di anni decollerà anche da noi. Peccato… il nostro è un lavoro che fra una ventina d’anni diventerà ancora più difficile. E quindi come dicevo prima, bisognerà specializzarsi sempre di più.


Progetti per la vostra libreria remainders?

Stiamo mettendo a punto un sito web attraverso cui venderemo i nostri libri, abbiamo avuto richieste in questo senso dai clienti, soprattutto da quelli che vivono fuori Milano. Vendita e consegna postale.

Sul sito metteremo le “novità” a disposizione in negozio e in magazzino, faremo un aggiornamento costante sui nuovi arrivi e le nuove offerte.

All’inizio del 2012 il sito dovrebbe essere pronto e entrare in funzione.


Allora… in bocca al lupo Davide per il sito! E grazie per lo spirito molto amichevole e sincero di questa chiacchierata.
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