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libreria di viaggio e in lingua straniera

Intervista a Antonio Ranzini Pallavicini e Margherita Calegari

Due librerie specializzate, un'unica sede a Milano. Stiamo parlando di Luoghi & Libri e Libreria Internazionale Melting Pot, specializzate in libri di viaggio e in libri in lingua straniera. Come si vede il mondo da questo particolare osservatorio? Ne abbiamo parlato con i titolari Antonio Ranzini Pallavicini e Margherita Calegari.

di Rosalba Rattalino


Rilevata nel 1987 da Antonio Ranzini Pallavicini, Luoghi & Libri è una libreria milanese interamente dedicata ai viaggi: “l’unica libreria di questo tipo a Milano”, sottolinea con una punta di orgoglio Antonio.

Margherita Calegari e Antonio Ranzini Pallavicini Per vent’anni Luoghi & Libri ha affacciato le sue vetrine sulla piazzetta di via Mameli - locazione semicentrale ma molto appartata, per nulla esposta alla visibilità: se la libreria si è conquistata una clientela lo deve con evidenza alla specializzazione e al modo in cui ha saputo interpretarla.

Agli inizi del 2008, Luoghi & Libri si è associata alla Libreria Internazionale Melting Pot di Margherita Calegari, con la quale ha aperto una nuova (e unica) sede in via Vettabbia, nelle vicinanze di piazza Vetra.

La specializzazione nei viaggi è stata mantenuta, così come l’insegna Luoghi & Libri. Ma la libreria si è arricchita con una seconda area specialistica dedicata ai libri “in lingua” (narrativa, saggistica e libri per bambini).

Il connubio con la libreria internazionale ha avuto dei riflessi sulla libreria dei viaggi? Si sono create delle sinergie?

Abbiamo mantenuto le due specializzazioni che ci caratterizzano, e abbiamo due distinti siti internet. Ma nei confronti dei clienti siamo intercambiabili.

Nell’area viaggi ci abbiamo guadagnato soprattutto sulla maggiore facilità a fornire edizioni in lingua estera. Prima mi servivo di più degli importatori, il che comportava tempi più lunghi. Adesso facciamo importazione diretta, ci rivolgiamo direttamente ai fornitori esteri, e questo comporta un servizio migliore al cliente: se un cliente, poniamo, mi dice ‘voglio in pochi giorni la guida per pescare nei fiumi dell’Alaska’, ammesso che quella guida esista, noi la possiamo procurare in pochi giorni.

Adesso siamo più forniti di prima perché abbiamo maggiori possibilità di ricevere notizie dal mondo editoriale estero. Io ho contatti diretti con fornitori in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in Spagna. Rispetto a prima mi sento molto più informato.

Per il resto non è cambiato molto: il cliente della libreria dei viaggi raramente è anche cliente della libreria internazionale. Naturalmente può succedere che un cliente che viene qui per il libro in lingua, prima o poi compri anche un libro in area viaggi, ma non è la norma.

Poi c’è la questione dello spostamento di sede: però abbiamo visto che chi è interessato al prodotto viene. Magari lamentandosi dello spostamento, e lamentandosi del fatto che qui è area C mentre là (via Mameli) no… ma se sono interessati vengono. Noi non abbiamo aderito alle proteste dei commercianti per l’area C, come negozio per noi non è cambiato nulla. E senza tante auto si sta meglio…

Luoghi e libri Nuova sede, però la collocazione non mi sembra nemmeno ora molto esposta al passaggio.

Non lo è, anche se è meno defilata rispetto alla sede storica di Luoghi & Libri. Ma non essere esposti al traffico di passaggio per una libreria come questa è un bene: altrimenti avremmo una gran quantità di pubblico che entra chiedendo libri non pertinenti alle nostre specializzazioni, o che entra semplicemente per fare un giro e poi non compra.

La maggioranza di chi entra sarebbe composta da non clienti. E la proporzione fra libri che riusciremmo a vendere in più e costi di affitto sarebbe svantaggiosa, non ne varrebbe la pena.

Parlavi di maggiore facilità sulle importazioni. Succede spesso che i clienti dell’area viaggi chiedano libri esteri?

Meno di quello che vorrei. E poi è arrivata la concorrenza di Amazon. Comunque almeno un terzo delle guide turistiche è importato e in questo senso il rapporto diretto con i fornitori esteri rappresenta un vantaggio.

Il punto è che quando la guida esiste tradotta in italiano, anche se è meno aggiornata, anche se costa di più, la maggioranza preferisce prendere quella in italiano.

Però ci sono mete abbastanza importanti sulle quali le versioni in lingua estera rappresentano il 50% dell’offerta. E siccome da noi i clienti vengono soprattutto (purtroppo) per destinazioni particolari, offrire un buon assortimento vuol dire avere anche un buon numero di guide in lingua.

Come si muove il pubblico italiano nei confronti delle guide turistiche?

C’è questa tendenza ad andare di marca… che vuol dire soprattutto andare di Lonely Planet. In realtà il cliente che non si informa, che dice ‘io prendo solo la Lonely Planet’: quella deve procurarsi. E quindi è un tipo di cliente che non ha interesse a venire qui e scoprire che su quella meta magari non c’è solo la Lonely Planet: ci sono altre sette o otto guide da guardare, confrontare, per scegliere quella più adatta al viaggio che vuole fare.

Però anche da noi la Lonely Planet è quella che va di gran lunga per la maggiore, sia in versione italiana che in inglese. Ha rafforzato negli anni la sua posizione e continua a rafforzarla.

Lonely Planet è la guida di massa. Probabilmente è una marca che dà sicurezza: adesso ci sentiamo tutti più insicuri, abbiamo bisogno di riferimenti che diano sicurezza… Pochi si accorgono del calo di qualità. Qualcuno sceglie guide alternative ma spesso lo fa per snobismo, per appartenere a una ristretta élite.

C’è anche da dire che molti si vergognano ad andare in giro con una guida che non abbia un nome famoso, un’immagine accreditata: la guida te la porti appresso, si vede. E avere la Lonely Planet fa sentire ‘a posto’. Prendi ad esempio le guide visuali Mondadori: per alcune mete funzionano anche meglio di altre guide, io stesso le ho utilizzate. Vanno bene come vendite, però ci sono persone che non le prendono neanche in considerazione per motivi di immagine. Non andrebbero in giro con questo tipo di guida perché hanno l’idea che siano da ‘turisti’.

Forse rispetto al passato è venuta a mancare la generazione degli utilizzatori delle guide tipo Touring o Fodor’s. Oggi anche il sessantacinquenne sceglie la Lonely Planet, la fascia senior è ormai costituita da persone che sono cresciute con una mentalità diversa da quella del pubblico storico della guida stile Touring. Adesso è come se fossero tutti giovani.

La libreria di viaggi però non offre solo guide. Che pesi hanno nelle vendite i diversi settori?

Le guide stanno al primo posto.

Al secondo posto la cartografia, anche perché abbiamo il vantaggio di essere particolarmente forniti. E perché la carta ha un’utenza più vasta: include anche deboli lettori o anche non lettori.

Ci sono clienti che vengono qui apposta per prendere una carta. Poi magari ci aggiungono la Lonely Planet, ma non sono necessariamente persone che amano leggere.

Luoghi e libri La cartografia da noi vende soprattutto sulle destinazioni extraeuropee. Un po’ perché per muoversi in Europa adesso c’è il navigatore satellitare, un po’ perché la cartografia europea la trovi anche al Touring, alle Feltrinelli, nella libreria sotto casa.

E poi diciamocelo: usiamo tranquillamente anche la carta della Francia di quattro anni fa. Anzi, in fondo… (Antonio mi lancia un sorriso ironico) che bisogno abbiamo della carta per andare in Francia? Non viene in mente che anche se hai il navigatore in auto, la carta potrebbe servire per scoprire posti ai quali non avevi pensato.

Invece abbiamo bisogno della carta per andare che so… in Armenia: se va in Armenia il cosiddetto grande viaggiatore un po’ di strizza ce l’ha, e allora vuole la carta.

Infine la narrativa di viaggio, che è il tasto dolente. Ha i suoi appassionati lettori, però la situazione nel complesso è alquanto deprimente. Basti dire che il più grosso editore che aveva fatto una collana di narrativa di viaggi, a un certo punto l’ha praticamente interrotta: Feltrinelli con la serie Traveller ha di fatto sospeso le pubblicazioni, i risultati commerciali non ci sono.

Narrativa di viaggio ‘tasto dolente’. Secondo te perché?

Sia chiaro: ci sono ancora dei clienti che vengono qui per cercare dei libri che accompagnino il loro viaggio, che cercano libri che parlino della meta da loro scelta. Non molti, ma ci sono.

Però a volte mi accorgo che hanno un’idea della narrativa di viaggio che io personalmente non riesco a condividere. Mi sembra che a loro importi anche e soprattutto quando il libro è stato scritto: se un libro racconta un viaggio fatto un anno fa o comunque pochi anni fa, per buona parte del pubblico vale più di un libro magari molto più bello, più avvincente e interessante, che racconta un viaggio di trent’anni fa. E che, oltre a essere una piacevole lettura, può darti degli spunti magnifici per intuire il paese che andrai a visitare.

Un libro di viaggio di quaranta o cinquant’anni fa può essere utilissimo per capire: dipende da chi li ha scritti i libri, non dall’epoca in cui sono stati scritti.

Per me la narrativa di viaggio è, dovrebbe essere, uno dei tanti modi per suscitare nelle persone un’idea di viaggio. Anziché scegliere la meta sui cataloghi, o farsi guidare da quei libri tipo ‘i cento viaggi da fare nella vita’…

Ma forse chi compra narrativa sui viaggi cerca indicazioni pratiche esattamente come in una guida, la intende come una guida. È come se per pregustarsi il viaggio volessero leggere di un viaggio potenzialmente uguale a quello che faranno loro.

Estremizzando, interessano cose del tipo “ore 8 sveglia, ore 8.30 abbiamo fatto colazione nel posto x, ore 9 siamo saliti in auto e abbiamo guidato per duecento chilometri fermandoci però a mangiare nel posto y dove ci siamo molto divertiti” ecc. Che gusto si prova a leggere una cronaca di questo genere? Non lo so, però è uno stile che piace. E in effetti si presta a prendere nota del ristorante o del posto da visitare, per cui si torna a quanto dicevamo prima: all’utilizzo della narrativa di viaggio come fosse una guida pratica.

Hai l’impressione che a molti questo interessi più del racconto del grande scrittore di cinquant’anni fa.

Altro discorso sono i collezionisti di narrativa di viaggio: ma quelli sono appassionati del libro d’epoca, e lo comprano per possederlo, non necessariamente lo leggono.

Il punto è che la narrativa di viaggio non ha acquisito in Italia dignità di genere a se stante. I cataloghi che riceviamo dalla Gran Bretagna hanno una corposa sezione di narrativa di viaggio: perché lì c’è una tradizione su questo genere letterario. E se entri in una libreria inglese, almeno nelle più fornite, trovi una sezione dedicata. Nelle librerie italiane, questa sezione spesso non c’è e quando c’è ci trovi dentro un po’ di tutto.

Il mercato italiano non ha premiato questo genere, del resto perché venga premiato ci vorrebbe un pubblico che a prescindere dal suo viaggio legge regolarmente narrativa di viaggio – cosa che in Italia non accade.

Luoghi e libri Un’eccezione è costituita dai libri di Terzani, ma lì è l’autore in sé che attrae. In modo più contenuto può forse valere lo stesso discorso per Kapuściński.

Adesso nella nostra libreria vanno abbastanza bene libri come Filosofia del viaggio di Onfray o Sensi di viaggio di Aime. Ma non sono narrativa di viaggio, sono libri sul viaggio: sui modi di viaggiare, sulla partenza, sul ritorno, sui diversi approcci al viaggio.

È un genere che piace. Vendono nonostante si tratti di autori poco o per nulla noti al grande pubblico, e nonostante siano libri poco pubblicizzati.

Credo che molto si giochi sul titolo e sulla copertina. Sono tutti libri che hanno un titolo indovinato, evocativo. Una copertina efficace che attrae. Formato piccolo, prezzo basso. Direi che questo è lo schema ricorrente. E sta funzionando.

Il dubbio è che vengano acquistati spesso per regalo più che per lettura personale. In effetti la nostra statistica interna ci dice che in generale la narrativa di viaggio ha un picco a dicembre, in prossimità del Natale.

Avete parlato prima di acquisti, seppur limitati, di narrativa di viaggio per accompagnare e pregustare il viaggio che verrà. È sempre una lettura preliminare?

Tendenzialmente si. La gran parte delle persone una volta terminato il viaggio, lo archivia: esperienza fatta e conclusa, non hanno interesse ad approfondire dopo.

E il più delle volte non hanno interesse a ritornare nello stesso posto, vogliono cambiare, scelgono una meta diversa ogni anno.

C’è anche e parecchio un fattore moda nella scelta delle destinazioni. Noi abbiamo un osservatorio privilegiato perché i nostri clienti sono degli anticipatori, vediamo le tendenze sul nascere: se un anno da noi va alla grande la Siria, è probabile che l’anno successivo nella nostra libreria la Siria sia già in fase calante mentre conosce l’apice nelle altre librerie.

Comunque è raro che le persone abbiano voglia di leggere dopo aver fatto il viaggio, a meno che si appassionino realmente a un paese. Il più delle volte l’esperienza finisce lì, e la voglia di conoscere pure.

Si dice spesso che un punto di forza delle librerie indipendenti rispetto alle catene, è la cura del cliente. Vale anche nel vostro caso?

Noi cerchiamo di essere gentili e accoglienti con tutti, e la nostra idea è che fra libraio e cliente ci debba essere un rapporto paritario. Non siamo di quelli che credono nel ruolo del libraio come guru. Crediamo in uno scambio paritario. Scambio paritario significa che come libraio metto al servizio del cliente la mia competenza, e dal cliente mi aspetto che collabori attivamente con me per scegliere insieme il libro più adatto alle sue esigenze.

Purtroppo i clienti spesso non ti chiedono davvero un consiglio. Vedi l’esempio delle guide: il cliente spesso non è ricettivo, non è disponibile a esplorare l’offerta. Ti chiede ‘qual è la guida migliore?’. E la risposta dovrebbe essere ‘dipende dal viaggio che vuoi fare’. Ma su questo non ti seguono, tante volte non ti danno nessuna indicazione su che tipo di viaggio intendono fare. Alla fine come si è già detto vanno di marca.

Si passa da un estremo all’altro: da chi ti dice solo la destinazione e non di che cosa ha bisogno, che cosa sta cercando. A chi ti racconta nel minimo dettaglio il suo viaggio passato e quello che farà in futuro, scendendo nei particolari di tutte le tappe, ma per il gusto di raccontare non per darti elementi che aiutino a capire di che libro ha bisogno.

Rispetto alle grosse catene. Da noi arrivano persone che nel negozio di catena non hanno trovato il libro o la guida che cercavano: e qui lo trovano. E arrivano persone che nel negozio di catena non hanno trovato il servizio che cercavano: servizio che a volte consiste nel dare retta al cliente, al suo bisogno di essere al centro, di sentirsi riconosciuto come viaggiatore, al suo bisogno appunto di raccontare. Nelle grandi catene si va più per le spicce, non c’è il tempo di stare dietro a questo tipo di richiesta. La libreria indipendente invece può e deve farlo.

Si dice sempre che a Milano la gente non parla… non è affatto vero, e questo lo possiamo testimoniare noi come lo può dire il negozio qui accanto che vende tutt’altro prodotto dal nostro. La gente a Milano parla tantissimo, entra nella libreria per cercare un libro e poi ti racconta la sua vita.

(Margherita aggiunge) se è una libreria gestita solo da una donna, com’era nel mio caso quando avevo la libreria in via Caravaggio, le clienti ti raccontano anche le loro vicende più intime, amori, tradimenti. Qui si contengono perché c’è insieme a me un libraio uomo. La libreria, e non solo la libreria, è un luogo in cui le persone si confidano e cercano gratificazioni personali.

Luoghi e libri Prima di concludere, qualche accenno alla libreria internazionale. Che profilo ha la clientela? È italiana o straniera?

Per la grande maggioranza si tratta di italiani. O di origine estera ma residenti qui da molti anni.

Qui c’è un altro mito da sfatare: si dice che gli italiani non leggono in lingua straniera, e invece ci sono molti italiani che lo fanno. È chiaro che noi vediamo, per l’area internazionale, esattamente quel tipo di cliente, però sono in numero maggiore di quanto si possa immaginare.

Lo fanno perché conoscono la lingua e preferiscono leggere il libro nella versione non tradotta. O perché vogliono esercitare la propria conoscenza di una lingua estera.

Nei libri per i bambini, che rappresentano per noi un’area importante: alcuni sono per bambini molto piccoli e non richiedono una vera e propria lettura. Al di là di questo, c’è il fatto che i bambini studiano le lingue a scuola e che adesso c’è più attenzione a coltivare l’apprendimento di una lingua straniera nei piccoli. E poi a Milano ci sono genitori italianissimi che mandano i figli alle scuole inglesi, o addirittura che parlano con i figli in inglese! I libri in lingua estera per l’infanzia, inglese soprattutto, sono in grande crescita.

Sull’area internazionale qual è il punto di forza della libreria indipendente?

Sui libri in lingua la consulenza, quella che può dare la libreria indipendente e che può fare la differenza rispetto, per esempio, ad Amazon, riguarda soprattutto il grado di difficoltà linguistica di un libro: che in genere il cliente italiano non sa giudicare, e che non è del tutto comprensibile dalla lettura di un breve brano.

Poi succede che ti chiedano anche un parere sull’interesse in sé del libro, e su questo (come nei viaggi) sarebbe importante la collaborazione del cliente.

Magari ti chiedono: “lei questo libro l’ha letto? Le è piaciuto?… se lei lo ha letto, lo prendo”. Si l’ho letto, ma il mio parere discende da un mio gusto. E può capitare che un libro io non l’abbia letto, ma questo non significa che quel libro non sia interessante.

Dipende da come intendi il tuo ruolo di libraio: mentre sul grado di difficoltà della lingua credo che il libraio debba dare un orientamento (e questo magari nelle grosse librerie difficilmente lo fanno), sui contenuti… be’ il libraio non può leggere tutto. Però a volte hai l’impressione che i clienti vogliano sentirsi dire ‘si l’ho letto’ indipendentemente dal fatto che questa sia o no la verità.

Poi nell’ambito della libreria internazionale organizziamo due gruppi di discussione sui libri: uno in spagnolo e uno in inglese. Non sono reading: ciascuno legge il libro a casa e ci si incontra una volta al mese per parlarne insieme. Sono gruppi a composizione mista, metà italiani e metà persone di madre lingua, guidati da una coordinatrice. Io partecipo: per me è molto interessante perché mi aiutano a capire come ragionano i lettori. E in più mi diverto.

Noto che nè per l’area viaggi né per l’area internazionale, avete dato voce a lamentele sulle difficoltà che incontrano le librerie indipendenti. E non avete nemmeno citato la crisi economica.

La crisi economica non l’abbiamo particolarmente sentita: non nell’area viaggi, perché i nostri clienti mediamente non appartengono alla fascia sociale colpita dalla crisi.

Ma questo vale in buona misura anche per la clientela della libreria internazionale: anche se lì forse la crisi è arrivata un po’ di più, c’è una parte di pubblico (non di grande entità numerica, ma c’è) che aveva il piacere di leggere i libri in lingua originale e che adesso si trova a dover ridurre o tagliare questo tipo di spesa.

Quanto alla situazione generale delle librerie indipendenti: non abbiamo nessuna lamentela o recriminazione da fare. Non chiediamo finanziamenti, non ci ritroviamo in quelli che chiedono soldi per andare avanti. Per noi questo è un lavoro che fai fino a quando lo puoi fare. Se a un certo punto dovesse diventare non sostenibile sul piano economico, cambi lavoro.

Lo fai perché ti piace, ti interessa. E fino ad allora lo fai con passione. Se domani non sarà più possibile… chiuderemo e ci inventeremo un altro lavoro.


Luoghi&libri
Libreria Melting Pot
via Vettabbia, 3
20122 Milano
tel./fax 0258310713
www.luoghielibri.it
www.libreriameltingpot.it
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