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recensioni online ![]() Dal self-publishing al tam tam dei non addetti ai lavori, nell’editoria lettori e autori conquistano nuovi spazi d’influenza. I commenti amatoriali favoriscono il passaparola, aiutano i lettori nelle loro scelte e gli editori a vendere. Vero o falso? di Oddina Pittatore |
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In un recente articolo del Guardian [1] il giornalista Paul Leity, si chiede provocatoriamente se le recensioni online dei lettori superino quelle dei critici nel motivare all’acquisto. Effettivamente, in sintonia con la tendenza a un cambiamento di ruoli nella filiera editoriale, i commenti sulla rete rappresentano una potente forza propulsiva perché appaiono sinceri e disinteressati e dicono con poche parole comprensibili e immediate quello che i lettori hanno voglia di sapere senza voli pindarici né peli sulla lingua: “bellissimo (o orribile), questo libro mi piace (non mi piace) perché”. ![]() Secondo Elisabetta Migliavada, direttore editoriale della narrativa Garzanti, le recensioni online sono uno dei primi strumenti per capire se il libro che si è appena pubblicato sta piacendo o no. “Sono la voce dei lettori e io le trovo utilissime, sia che siano positive sia che siano negative, perché mi permettono ogni volta di dialogare virtualmente con un lettore e spesso mi fanno riflettere su aspetti che non avevo notato.” In Italia, aggiunge, i principali siti sono Ibs, Amazon, ma anche Anobii. In particolare quest’ultimo è un social network interamente dedicato ai libri, una sorta di immenso gruppo di lettura on line dove chi ne fa parte esprime i proprio giudizi, crea la propria libreria virtuale, si confronta con gli altri utenti. Anche Goodreads, il più importante social network americano di lettori, è molto utile e a volte può influenzare le future scelte editoriali. La grande questione è: i giudizi sul web esprimono effettivamente i gusti e le libere opinioni di lettori non schierati o possono essere commissionati o manipolati?? L’anonimità di fatto dei commenti pubblicati nelle librerie o nei siti favorisce la libertà di espressione, ma non può mettere totalmente al riparo da intenti promozionali non limpidi. Recentemente infatti, ha fatto scandalo la scoperta che su Goodreads.com, che vanta 10 milioni di iscritti, sono state nascoste alcune recensioni, che contenevano commenti negativi ed erano condivise da molti utenti [2]. Soprattutto, ha colpito il caso di Todd Rutherford che, nell’arco di pochi mesi tra il 2010 e il 2011, ha fatto pubblicare 4.531 recensioni, apparentemente spontanee ma in realtà commissionate (e pagate) dagli autori, e si è vantato di avere guadagnato 28mila dollari il mese. Il sito che gestiva questa remunerativa attività oggi è chiuso, ma il fatto ha sollevato pesanti interrogativi sulla neutralità delle opinioni [3 e 4]. ![]() Per esempio, Cinquanta sfumature di grigio, il primo volume della trilogia di grande successo dell’estate, al 30 agosto aveva ricevuto 149 recensioni su Internet Bookshop (voto medio 2,16 su 5), 112 su Amazon.it (voto medio 2,3), 11.174 su Amazon.com (voto medio 3,1) e addirittura 35.433 recensioni (con voto medio 3,63) su Goodreads. In questi casi sembra non avere molto importanza che il voto medio sia basso, con commenti ripartiti tra i due estremi, pessimo e ottimo. Nei bestseller l’affermazione è testimoniata più dal numero di recensioni che dal loro contenuto. Secondo Paolo Giordano, il giudizio è inversamente proporzionale al successo e all’esposizione mediatica dell’autore, maggiore è il successo, maggiore è la possibilità che le aspettative vengano deluse e la recensione sia negativa: “mano a mano che il mio libro si affermava come «un successo editoriale» e la mia frequentazione dei mezzi di comunicazione — giornali, radio, tv — si faceva più assidua, l’indice di gradimento diminuiva” toccando i livelli più bassi dopo le apparizioni televisive e il conseguimento del premio Strega [5]. Teoria confermata anche dall’ultimo libro di Alessandro Piperno, Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi, che dopo aver vinto lo Strega ha inanellato una serie di giudizi negativi. Non sempre è cosi: i commenti su Non tutti i bastardi sono di Vienna di Andrea Molesini si sono mantenuti favorevoli anche dopo la vincita del Campiello nel 2011. ![]() I giudizi negativi e la grande disparità di opinioni non sembrano disturbare i potenziali lettori, che anzi mettendo a confronto le recensioni riescono a formarsi un’idea abbastanza equilibrata del contenuto, dello stile e di quanto il libro possa rispondere alle loro aspettative, controbilanciando i toni eccessivamente enfatici di molte campagne marketing. Basta leggere un campione di commenti discordanti al primo volume della James per rendersi conto che, dopo averli letti, l’acquisto, per chi lo vuole fare, è più consapevole: Un po' Bridget Jones, un po' 9 settimane e 1/2, un po' Moccia, un po' Histoire d'O. Questo è solo un altro libro erotico, né meglio e né peggio di tanti altri. La storia è sostanzialmente inesistente. Lui si innamora di lei e vuole che lei diventi la sua schiava. Lei si innamora di lui e non vuole diventare la sua schiava. Lui insiste, lei cede un po', lei insiste, lui cede un po'. Un libro insulso, scritto in maniera più che elementare, con una trama stupida e noiosissime pagine su pagine di descrizioni di rapporti sessuali!. Quindi - con la consapevolezza di non comprare un libro di Umberto Eco - ne consiglio vivamente l'acquisto. ARTICOLI
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